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La mia intervista per "Ophelia's friends"



E' stato un piacere essere intervistato da Stefania Romito, appassionatissima di libri e curatrice del blog "Ophelia". Belle e interessanti tutte le sue iniziative, che prestano particolare attenzione agli autori emergenti. Stefania è anche ideatrice e cura la trasmissione radiofonica "Ophelia's friends OnAir". Martedì prossimo sarà possibile ascoltare la mia radiointervista con lei. Potete seguire Ophelia anche su fb, con il gruppo "Ophelia's friends"

Ecco la mia intervista che potete trovare anche sul suo blog:



Ciao Alberto, sono proprio felice di poter approfondire la tua conoscenza. Tu sei un giovane autore che trovo molto interessante. Di recente hai dato alle stampe il tuo secondo romanzo “Crysi” che, già dal titolo, rimanda al difficile momento storico ed economico che stiamo vivendo. Ma prima di parlare di questo, vorrei chiederti che cosa rappresenta per te la scrittura?


Ciao Stefania, innanzitutto grazie della stima e dello spazio che mi stai dedicando. Per me scrivere è masturbazione, rabbia, medicina, istinto, egoismo e sentirmi qualcuno. Masturbazione perché è una liberazione, è far l’amore con me stesso; rabbia perché scrivo molto di stomaco, devo sfogarmi, scrivere è anche un modo di gridare in silenzio, è ribellione; medicina perché mi cura: non scrivo mai quando sono di buon umore, quando sono di buon umore preferisco vivere, non scrivere; istinto perché non ho orari, scrivo in qualsiasi posto e a qualsiasi ora, ma non sempre e mi prendo anche delle pause molto lunghe; egoismo perché il processo di scrittura nasce da un bisogno mio, se non mi servisse, non scriverei: sono dell’idea che uno vero scrittore/romanziere sia in fondo un egoista, chi scrive per gli altri è il giornalista; infine mi fa sentire qualcuno perché mi completa, mi permette di conoscermi e scoprire alcuni miei limiti, ma è anche bello quando qualcuno mi legge e apprezza.


Esordisci nel panorama editoriale con un interessante romanzo intitolato “Esperanza” che tratteggia, in maniera oggettiva, la difficile situazione che oggigiorno si trova a dover affrontare un giovane laureato in cerca di occupazione. Una generazione che ha perso le speranze, che è presa a pugni dalla crisi ma che, nonostante tutto, ha ancora voglia di sognare e di realizzarsi. Non è così?


Sì, è vero. Il messaggio di “Esperanza” non è però rivolto solo ai disoccupati, ma a tutte le persone che affrontano delle difficoltà nella loro vita. I momenti difficili ci sono e ci saranno sempre, a volte ci si sente a terra e privi di soluzioni, ma non si deve mai perdere la forza di credere in se stessi, avere speranza. Chi smette di sognare smette di vivere. “Esperanza” nel romanzo è una bellissima ragazza dagli occhi e capelli verdi, invisibile a molti, che appare agli occhi del protagonista (Edoardo Italiani) proprio quando lui sembra aver perso le speranze. Sarà lei a ridargli la forza e a fargli fare quello che all’inizio si era prefissato.


Anche in “Crysi” viene trattata la tematica della disoccupazione e del difficile inserimento nel mondo del lavoro. Tuttavia, se mentre nel primo il protagonista è un giovane trentenne, disoccupato e disilluso, nel successivo romanzo il protagonista è un padre di famiglia, disoccupato da due anni e affetto da “Crisi del Precariato”. Due personaggi diversi, ma forse solo in apparenza, vero?


In realtà sono molto diversi, hanno due età e due situazioni familiari differenti. Sicuramente li accomuna un senso di insoddisfazione e di colpa. I due romanzi sono in qualche modo però legati, trattano la stessa tematica, sono le due facce di una medaglia. Se in Esperanza il protagonista si rialza, in Crysi no. Il tema è sempre quello della crisi (psicologica e non solo economica) ma Esperanza è una carezza, una pacca sulla spalla; Crysi è una sberla, uno schiaffo che deve svegliare e spaventare.


In realtà sono molto diversi, hanno due età e due situazioni familiari differenti. Sicuramente li accomuna un senso di insoddisfazione e di colpa. I due romanzi sono in qualche modo però legati, trattano la stessa tematica, sono le due facce di una medaglia. Se in Esperanza il protagonista si rialza, in Crysi no. Il tema è sempre quello della crisi (psicologica e non solo economica) ma Esperanza è una carezza, una pacca sulla spalla; Crysi è una sberla, uno schiaffo che deve svegliare e spaventare.

In questo romanzo vengono affrontate tematiche di estrema drammaticità e attualità come la disperazione di vivere una condizione di disoccupazione, la perdita di ogni forma di speranza, la depressione che può condurre al suicidio. Un ritratto impietoso, estremamente realistico, che la tua brillante scrittura riesce a tratteggiare in maniera efficace lasciando il lettore con una sensazione di vuoto, di impotenza, una volta giunto al termine della storia. Qual è il messaggio che intendi veicolare con questo tuo lavoro?


Crysi è una fotografia, un fermo immagine, non solo un romanzo. In quel momento sta accadendo quella cosa, non importa come ci sia arrivati. Crysi è un servizio televisivo, un talk show fatto a romanzo. Le vite e le sofferenze delle persone diventano alla fine completamente marginali, per lasciare spazio ai funzionari di Crysi. Sono loro che vogliono stare davanti alle telecamere, fondamentalmente interessati a soddisfare i propri desideri e le proprie voglie. I membri della famiglia Tricolore diventano improvvisamente marginali, ombre, numeri e statistiche. Questo è quello che accade oggi. Di chi soffre davvero spesso se ne parla quando ormai è troppo tardi e solo per fare notizia.


La struttura di questo romanzo è davvero molto originale. La vicenda si articola attraverso cinque capitoli. I primi quattro sono narrati a turno in prima persona da un componente della famiglia, mentre l’ultimo è narrato in terza persona da tre funzionari di CRYSI, la Comunità Nazionale di Recupero per disoccupati. Senza raccontare troppo della trama, ci vuoi spiegare il motivo che ti ha indotto a utilizzare questa particolare struttura narrativa?


“Crysi” è un romanzo polifonico. Nei primi quattro capitoli sono i membri della famiglia che ci parlano: la madre, il figlio più piccolo, poi il figlio maggiorenne e infine il padre. Non li conosceremo abbastanza, non conosceremo la loro vita e non avremo risposte a molti “perché”. Conosceremo i lati del loro carattere, le loro personalità. Magari a loro in qualche modo ci si affeziona pure, però nell’ultimo capitolo c’è un cambiamento di stile, il narratore diventa esterno, loro da noi si allontanano, diventano marginali, come ho detto prima. Nell’ultimo capitolo la scena la prende il Governo, la prendono i funzionari, la prende Crysi. Nell’ultimo capitolo si accendono le telecamere e inizia lo show televisivo, il gioco e la superficialità, molto diffusi nel nostro Paese. Questo era il mio obiettivo: creare una sensazione di vuoto e indifferenza nei riguardi di questa famiglia.


Mi interesserebbe sapere quando e come è nata in te l’idea di scrivere “Crysi”.


L’idea di scrivere “Crysi” mi è nata guardando alcuni servizi televisivi, talk show, Tg e leggendo certi articoli di giornale. I media mi hanno ispirato. Oggi si tende a spettacolarizzare tutto, soprattutto le tragedie. Chi soffre serve perché fa audience, fa notizia e nulla più. Chi soffre viene trattato spesso come una percentuale, un dato statistico. Anche se non lo vediamo materialmente come nel romanzo, oggi Crysi in qualche modo esiste già e lavora psicologicamente su molti di noi.


Per i tuoi prossimi lavori letterari prevedi sempre di trattare tematiche sociali di estrema attualità, oppure pensi di cambiare totalmente genere?


Sto scrivendo un terzo romanzo, ma sarà diverso da Esperanza e Crysi perché non tratterà più il tema delle crisi. Sarà il più romanzo dei tre, come struttura. Ci sarà probabilmente per la prima volta anche una storia di amore, o una specie. Ora sento il bisogno di cambiare le tematiche. Ma non posso prevedere troppo in là. Le storie che scriverò in futuro dipenderanno molto dai miei stati d’animo, dalle mie paure, dai miei bisogni e momenti. Questo perché, in un certo senso, io sono ciò che scrivo.




Grazie, Alberto, per aver posto l’accento su questioni di grande attualità e per averci indotto a riflettere sui meccanismi spesso “impietosi” che caratterizzano i media. Tutti noi ti auguriamo che la tua voce possa arrivare sempre più lontano perché le tue riflessioni e il tuo stile letterario sono estremamente interessanti e meritano grande attenzione da parte di tutti, e poi mi sento di condividere in pieno il tuo pensiero quando affermi che i momenti difficili nella vita ci saranno sempre, ma che la cosa più importante è non perdere mai la speranza e la forza di credere in se stessi: “Chi smette di sognare, smette di vivere”. Grazie, Alberto, per avercelo ricordato :)















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