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Il parassita/Lo scroccone, di Jules Renard

"Irriterà molta gente. Ha irritato anche me e mi ha sgualcito l'anima come se la mia anima fosse di carta". J.Renard

Jules Renard (1864-1910) è stato uno scrittore e aforista francese.

L'ho conosciuto un po' per caso, leggendo uno dei suoi aforismi (diventato uno dei miei aforismi preferiti, in quanto dice tutto in poche parole):

"Scrivere è un modo di parlare senza essere interrotti".

Da allora ho iniziato a documentarmi su di lui, a leggere numerosi altri aforismi, spesso provocatori, irriverenti e taglienti, che trattano principalmente i temi dell'arte (soprattutto della scrittura) e della natura umana.

Il suo modo di esprimersi, così pungente, come piace a me, mi ha fatto calamitare a lui, a tal punto da farmi nascere il desiderio di leggere qualcosa di suo, che fosse più corposo. Ero curioso di scoprire se fosse bravo come romanziere tanto quanto come aforista. Decisi pertanto di leggere "Il parassita", in edizione Barbès (libro intitolato anche "Lo scroccone" da numerose altre case editrici, come Adelphi), considerato il suo romanzo meglio riuscito

Il romanzo è la storia di un sedicente letterato che entra come un parassita, appunto, nel cuore di una famiglia borghese, arrivando fino a un timido tentativo di violenza carnale, per poi traslocare altrove.

Il protagonista, di nome Henry, è una persona diffidente, non si ritiene borghese ma fa amicizia col borghese Vermet. Sarà proprio all'interno di questa famiglia che si inserirà e ne diventerà un parassita, lavorando sui fianchi emotivi della signora Vermet.

La signora definisce il proprio marito una persona "alla buona, semplicemente".

E infatti il signor Vermet appare buono, intelligente, forte, umile, semplice.

Forse è un po' troppo alla buona, un po' troppo semplice; e come spesso accade nella vita reale di ogni giorno, questo puo' portare una donna al desiderio, a volte represso, di sfuggire dalla noia, dalla monotonia, ed essere attratta, a volte inconsapevolemente, da qualcosa di diverso che possa offrire un uomo, da tipi di attenzioni diverse che le possano essere offerte.

Henry è un personaggio a tratti ambiguo: insicuro in certi casi, insicurezza che nasconde dietro atteggiamenti spocchiosi e in parte presuntuosi, ma al contempo è sicuro di sè, scaltro e furbo. Tasta il terreno prima di agire, manda segnali, avvisi, sia a marito che alla moglie. Ricopre, mi verrebbe da dire, il ruolo del "Gatto morto".

"Tra un uomo e la donna, l'amicizia non puo' essere che la debole passerella che conduce all'amore"

L'occasione di colpire nel coure della signora Vermet gli si presenta quando puo' passare con lei qualche giorno nella casa al mare della famiglia.

Sarà qui che lui le confesserà la sua attrazione per lei, in modo troppo deciso, quasi capriccioso, che palese un suo malessere interiore.

"Le donne devono proprio aver fatto soffrire molto perchè le disprezziate così tanto", gli dirà Madame Vermet, ferendolo nell'orgoglio.

Ma, come ho accennato prima, a Madame V. il gioco piace, così come le piace sapere da lui di essere desiderata, amata, e sentirselo dire.

La scrittura è libera, come la narrazione e la lettura scorre veloce. Esce fuori il senso di libertà e in parte anarchico del Renard aforista. Si passa dal dialogo teatrale al cambio del punto di vista, Al protagonista frullano un sacco di cose nella mente e le dice tutte, senza remore. Non a caso, il libro fece scorrere lacrime offese a qualche signora perbene, in quanto metteva in discussione le regole della morale comune.

Quindi, meglio Renard aforista o Renard romanziere?

In conclusione, mi sento di dire che fosse più portato come aforista, ruolo nel quale eccelleva; seppur il romanzo in questione sia piacevole; In qualche modo, lo confessa pure l'autore stesso tra le pagine di questo libro, facendolo dire al protagonista (suo alter ego in molti casi):

"I miei giovani colleghi me lo hanno detto: <<Tu riesci nelle piccole cose, ma non ti impegnare mai in un grosso lavoro. Manchi di fiato, ecco.>>

Sono d'accordo, ho bisogno di respirare alla terza pagina, di prendere aria, di concedermi un periodo di indolenza; e, quando torno ai miei bravi personaggi, ho paura, come se dovessi trascinare dei morti su per uno strada che sale, come se dovessi riallacciare una relazione con un'amante diventata nonna durante la mia assenza."

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